Attualità

Quando le istituzioni sfruttano il contagio (emotivo)

Social Media e stigma sociale ai tempi del coronavirus

Il Covid-19 ha esacerbato le paure e i timori di tutti noi. Ora che il problema ci appare sempre più vicino, è comprensibile la percezione di paura che aleggia tra i cittadini, costretti a sforzi immani dalle diverse restrizioni imposte dai decreti delle ultime settimane. Sforzi che in buona parte hanno compreso e attuato, pur registrando una larga fetta di popolazione che poco coscienziosamente li ha invece ignorati e disattesi. Cresce quindi, insieme alla paura, la rabbia dei cittadini modello per chi ignora le prescrizioni: esempio fulgido è stata la calca per il rientro in più fasi dei fuorisede.

Superfluo dire che l’atteggiamento scellerato di pochi mette in rischio i sacrifici di tanti, anche se è già partita da tempo la caccia agli untori da parte degli sceriffi dei social, pronti a creare caos piuttosto che dare spazio a uno spirito collaborativo volto a evitare i pregressi errori. Sembra di essere alla genesi di un clima di odio verso chi, agli occhi del cittadino medio e non dei tribunali, sbaglia.

A mettere un freno e guidarci verso uno spirito di collaborazione pacifica dovrebbero esserci le istituzioni. Ma se da una parte troviamo Amministrazioni coscienziose che si affidano ai social solo per comunicazioni necessarie e ufficiali, dall’altra parte c’è chi sembra pronto a cavalcare l’onda dell’indignazione e puntare tutto sull’essere One Man Show. Esempio lampante è stato il Sindaco di Messina, Cateno De Luca, che con piglio da doganiere ha smosso l’indignazione di tutti i siciliani che sentivano violata la loro “verginità da virus”, andando a bloccare i nuovi invasori che arrivavano dalla terraferma, ma rimediando anche l’accusa di vilipendio da parte del Viminale.

Anche la nostra provincia ha raggiunto la ribalta nazionale. Lo si deve a un video sfogo del Sindaco di Modica, Ignazio Abbate, che lo scorso 24 marzo dal suo balcone istituzionale ha avvisato i cittadini di una signora “in fuga dalla quarantena” che da Pavia è arrivata fino a Modica, passando per gli aeroporti di Milano, Roma e Catania. Oltre a denunciare pubblicamente la signora, il messaggio pare volesse dare qualche strattone politico a chi è più in alto di lui. Ma l’effetto di quel videomessaggio è stato duplice: panico in città e stigma sociale nei confronti della signora e dei suoi affetti più vicini.

La mole di condivisioni e commenti ha dato contezza su quanto il suo messaggio si fosse diffuso in tutta la regione e oltre, scatenando l’indignazione popolare e suscitando un’ondata di odio verso la signora alla quale sono state augurate in queste ore le peggiori sofferenze, il non-diritto a un posto letto e addirittura la morte. Poco importa quindi, a questa società impaurita e abusata da tempo, se il “problema” arriva su un gommone dall’Africa o in aereo da Pavia: l’imperativo è difendere sé stessi, a qualsiasi costo, e se i social ci permettono di passare limiti di odio che la realtà non consente, allora si scatena una bolgia a difesa dell’individualità di ognuno di noi.

La notizia, così come è stata posta dal primo cittadino modicano, non è passata inosservata alla redazione di Pomeriggio 5 che ha invitato Abbate a intervenire nella trasmissione di Barbara D’Urso, su Canale 5. I toni accusatori del video diventato virale, però, non si sono più sentiti e, anzi, il Sindaco ha voluto inviare anche un pensiero alla sua concittadina ricoverata in terapia intensiva, in condizioni molto serie, per poi tornare a calcare la mano sulla macchina dei controlli che non ha funzionato, invitando il Ministro per il Sud a rivedere l’organizzazione e dare maggiore ascolto ai sindaci.

Nel frattempo, però, l’odio sui social è dilagato a ritmo sostenuto. La famiglia della signora è stata travolta da uno tsunami di insulti e commenti, tanto che il figlio – raggiunto telefonicamente da Canale 74 – ha puntato il dito contro il primo cittadino. “Il primo a scatenare la gogna mediatica è stato lo stesso Sindaco in quel video pieno di inesattezze. Così è partita una sorta di caccia all’untore”, ha detto.
Nel racconto del figlio della signora emergono, infatti, elementi molto diversi rispetto a quelli a cui il Sindaco aveva con veemenza portato alla luce. In primis, pare che la signora non sapesse di essere positiva al covid-19 e ha voluto lasciare casa della figlia per volare di nuovo nella sua città. A tal proposito, il figlio ha raccontato: “Più volte le ho consigliato di non partire, visto il periodo, ma lei è voluta tornare a tutti i costi. E non aveva sintomi, come invece è stato detto”.

Per fare chiarezza sulla questione è intervenuto anche Claudio Pulvirenti, direttore regionale degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera. Com’è possibile che la signora abbia potuto prendere due voli e raggiungere con facilità Catania, evitando qualsiasi tipo di controllo? Pulvirenti smentisce e sottolinea che i controlli sono stati effettuati: “Dai video del termoscanner, che consentono di rilevare la temperatura di tutti i passeggeri e di effettuare il riconoscimento facciale, abbiamo ricostruito l’esatta dinamica dell’arrivo della signora in carrozzina all’aeroporto di Fontanarossa, con l’assistenza del personale SAC Service. La signora non presentava alcuna linea di febbre e ha risposto di non avere sintomi alle domande del personale. Dunque, non c’è stata alcuna falla nei controlli”. Che sia bastato un antipiretico a depistare i controlli nelle aerostazioni? A quanto pare, non lo si può escludere del tutto.

L’ulteriore indizio che porta a pensare che quella del Sindaco Abbate sia stata solo una mossa d’impeto – sua o consigliata dai suoi stretti collaboratori – per cavalcare il contagio, questa volta quello delle emozioni negative, e far viaggiare veloce il suo messaggio politico arriva anche dai colleghi di Ialmo.it che, citando fonti del ministero, fanno sapere che l’unica denuncia pervenuta alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa è quella avanzata dall’ASP. Sulla base di quella è stato aperto un fascicolo di notizie di reato, ma per il momento senza indagati. Del primo cittadino – che è anche massima autorità sanitaria locale – nessuna notizia, mentre da parte della Polizia Locale di Modica sarebbero arrivate solo segnalazioni sugli spostamenti della donna.

Che la signora non sarebbe dovuta partire da Pavia, è ormai assodato e trova tutti d’accordo. Ma in un momento storico come quello attuale, mai come oggi la comunità intera necessità di serietà e pacatezza da parte delle istituzioni, i cui canali di comunicazione devono fungere da cassa di risonanza per informazioni ufficiali e notizie verificate, non per lanciare frecciate e incitare gli sceriffi del web a fare foto al vicino di casa che porta il cane a fare i suoi bisogni, per poi sputtanarlo in rete.

Il panico e l’odio, nella guerra che stiamo vivendo, sono nemici che possono far male più del virus. Altrimenti, quando tutta questa emergenza sarà finita, quando dovremo ripartire da una società che piange tanti morti e un’economia devastata, tale paura e tale odio non potranno che accentuarsi. Sarà allora indispensabile intervenire per riportare il lume della ragione, per evitare che i proclami di una personalità forte possano indurre ad abbandonare qualsiasi freno dell’essere umano. Per evitare derive delle quali potremmo pentirci.

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